Published On: 8 Giugno 2013Categories: La Rivista

di Gianfranco Proietti

Medico psicoterapeuta

Pubblicato sul numero 16 di Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia

 

Il corpo è una nostra fantasiosa costruzione, ma ne  siamo tutti d’accordo?
Ricordiamo la vicenda della performer francese Orlan, la quale dal 1990 ha deciso di modificare l’identità fisica diventando quella che desiderava essere. Per l’occasione si è sottoposta a sette operazioni chirurgiche che hanno trasformato la sua fisionomia  con la caratteristica della fronte della Gioconda, il mento della Venere di Botticelli, e così via. (Rostany, 1992) Sembrerebbe anche scontato che il corpo sessuato abbia un comune significato, come  segno di un’appartenenza definita e stabile, ma non è così. Il corpo costituisce un simbolo e come tale viene in gran parte scelto e costruito in modo dinamico all’interno di un processo di significazione che si connota nell’interazione con “l’altro” da me (gli altri e il mondo). Possiamo dire che sul corpo proiettiamo le nostre fantasie, al punto da utilizzarlo come un foglio bianco su cui tracciare il nostro immaginario: ciascuno fa le sue scelte,  selezionando quegli stereotipi che sembrano utili per la propria rappresentazione. Naturalmente tale  processo non vale solo per il proprio corpo, ma si estende anche al corpo del soggetto riconosciuto  come desiderato.
Se questo immaginario trasformativo riguarda  gli aspetti estetici del corpo, ve n’è un altro assai più complesso, anche se non facilmente affiorante, quello legato all’immaginario erotico riferito al proprio corpo e/o a quello del partner secondo la libertà che ci permettiamo d’esplorare. Vi ricordate la canzone:

                              “Pazza idea di far l’amore con lui 
                           pensando di stare ancora assieme a te!”
(Patty Pravo, 1990)

che  propone il tema di come, prima che con il partner, possiamo figurare

 

nella mente di fare all’amore con una corporeità immaginaria prodotta dalla nostra fantasia sessuale.
Immagine fantasticata e corporeità possono coincidere, ma possono anche essere dissociate, aprendosi ad una ricchezza di contingenze pressoché
infinite. La creatività diventa variegata, espressa da ciascuno con un proprio linguaggio e  codice segreto, l’immaginario viene attivato, in un certo senso, indossato, sino a trovare una corrispondenza appagante.
Qui il processo di virtualizzazione assume un significato dominante: crediamo di confrontarci con un desiderio scaturito dalla corporeità del partner, mentre ci si ritrova sempre più ad essere dominati dall’immaginazione che si sovrappone al corpo dell’altro/a, non distinguendo quale sia il corpo vero da quello immaginato, e quale sia il più significativo nell’eccitazione che anticipa l’amplesso. Tutto può riportarsi a pura fenomenologia: dove si dirige l’attenzione ponendo lo sguardo, là si trova quella parte di sé che si rappresenta nel mondo e che si fa desiderante, per poi trasformarsi in intenzione e tradursi in scelta.
Quella che dirige l’esperienza è la creatività, ma cosa cambia se  agisce nella realtà o nell’immaginazione? Se nel mondo di ciascuno di noi c’è anche fantasia, perché mai questa non potrebbe, a pieno titolo, far parte della nostra vita erotica e sessuale? Infatti da un punto di vista fenomenologico la fantasia è un modo di esperire, come tale non è più mentale che fisica, costituendo un modo per sperimentare se stessi in relazione agli altri. (Laing, 1996)
Si scopre che quando ci si autorizza a rivolgere uno sguardo al di là di noi, intravedendo paradigmi  di desiderio diversi, anche  fuori da moralità socialmente condivise, allora si sente inquietudine e il sapore frizzante dell’eccitazione. In quel momento tutto si sospende: il proibito, la tentazione, il tempo, le circostanze, un turbinio sino a quando il desiderio si esaurisce, in quanto appagato, in unumano abbraccio. Il desiderio maschile, perché è di questo di cui ora si parla, diffusamente viene rivolto verso il genere femminile, oppure verso lo stesso corpo maschile secondo le numerose declinazioni che si riconoscono nell’omosessualità, ma oggi, con sempre più chiarezza,  viene riconosciuto dignità ad un terzo percorso, quello che si sviluppa quando  viene confermata un’adesione personale al

 

processo noto con il nome di transgender.*
Si parte dal rifiuto di una posizione binaria, rigida e immutabile,  senza voler più dichiarare un’appartenenza/apparenza definitiva, come dichiarare di  volere essere al contempo uomini e donne, con la sintesi di tutte le possibilità. (Velena, 2003) Una posizione in cui ognuno vive, come può, il rapporto con il proprio corpo, sia organizzando la propria identità, sia cercando di accettare le proprie particolarità.
Viene rivendicata la possibilità di vivere “al di là” (trans) nelle proprie connotazioni sessuali biologiche, o di passare da un sesso all’altro, o il diritto di non scegliere a quale sesso appartenere (transgender). In tal senso la “posizione di trans” ci spinge ad interrogarci non solo sulla nostra identità sessuale e di genere, ma anche sui limiti intrinseci della nostra corporeità quando subentra il confronto tra  la realtà genetica e l’insopprimibile bisogno di dare espressione al proprio vissuto intimo, anche illusorio, (Quattrini, 2007) nel contesto sociale. Accettare e vivere la complessità del desiderio non è cosa da poco, specie quando si naviga in mari aperti e sconosciuti senza issare la bandiera d’appartenenza: si diventa dei corsari che praticano l’assalto e l’arrembaggio per rispondere all’unico sovrano riconosciuto in quei mari: “il desiderio incarnato”. Questa è la dimensione di confine in cui l’uomo si spinge, dove   corporeità, fantasia ed emozioni giocano seguendo percorsi diversi, in parte sconosciuti, e in cui si rischia d’imboccare la ricerca di una soddisfazione sempre più artificiale centrata su pulsioni incontrollabili sino allo sfinimento e all’insensibilità.

 

*Il termine trans (mtf, ftm) è relativo ad una persona che sta transitando verso il genere a cui sente d’appartenere, prendendo ormoni, facendo operazioni al seno e, come ultima cosa, l’operazione ai genitali adeguatamente accompagnata da un sostegno psicologico. Quando il percorso è completato la persona non vive più come trans, ma diventa una donna o un uomo che prende come identità anagrafica quella d’arrivo.
Il transgenderismo  indica invece un movimento politico/ culturale che contesta la logica eterosessista secondo la quale i sessi dell’essere umano sono solo due, che l’identità di genere di una persona debba necessariamente combaciare con il sesso biologico e che il tutto debba restare immodificabile. Il transgenderismo sostiene che l’identità di genere di una persona non sia una realtà duale “maschio/femmina”, ma un continuum di identità ai cui estremi vi sono i concetti di “maschio” e “femmina” in una visione che rivendica il diritto di ogni persona di situarsi in qualsiasi posizione intermedia fra i due  estremi. Di per sé al transgender non corrisponde tanto una condizione fisica, ma una mentalità  che non reputa necessario un intervento chirurgico sui genitali in quanto si considera già uomo/donna indipendentemente dalla presenza dei genitali stessi.  In questa accezione del termine, poco conosciuta in Italia, alcuni ritengono che transgender e “queer” siano termini fra loro sovrapponibili.  Molte persone, infatti, si identificano primariamente come queer, piuttosto che come gay, lesbiche, bisessuali, trans o intersessuati, perché sentono che ciò li aiuta, li potenzia nell’essere se stesse ad un livello e in un modo che va oltre le rigide limitazioni della tradizionale interpretazione binaria dell’orientamento sessuale (omo/etero/bi-sessuale) e dell’identità di genere (maschio/femmina). (Pustianaz, 2002)

Il desiderio verso una trans rientra in questo processo di reverie in cui è difficile definire chi sia il soggetto e chi l’oggetto nello specchio. La transessuale desidera essere “altro” e questo suo desiderio si appaga nel momento in cui si vede rispecchiato nel desiderio di un uomo verso di lei, il suo percorso esistenziale s’incentra soprattutto nel conciliare in modo creativo o stereotipato l’identità psicologica e il sesso anatomico al fine di costruire una corporeità vissuta in modo armonico anziché antagonista; in questo caso il vero soggetto è nell’oggetto dello specchio. Anche l’uomo  che rivolge il desiderio verso la trans guarda se stesso come allo specchio, in un rispecchiamento che  riporta qualcosa che gli è prossimo e con cui vuole condividere una situazione di confine dove ritrova l’immagine speculare psichica desiderata. Quest’uomo sembra non trovare se stesso in altre esperienze erotiche, né in quelle con una donna, né in quella con un altro uomo, in ambedue le situazioni qualcosa  non è rispondente, mentre trova risposta e sedazione nelle esperienze vissute  secondo lo spirito del transgender.
Questa è l’esperienza che si delinea quando il desiderio maschile  si confronta con una trans ritrovando in lei la parte mancante  in una pratica sessuale pur sempre vissuta in un processo di relazione complementare. L’attitudine del transgender può essere considerata oggi la più rivoluzionaria per la sua impostazione teorica, in quanto  salda tutte quelle posizioni di erotismo non omologabili nell’etero-omo sessualità.
Costituisce la parte mancante di un processo dove la  corporeità, la fantasia e le  emozioni giocano seguendo percorsi nuovi e in parte misteriosi. E’ la rivisitazione intrapsichica dell’ermafrodito(Platone, IV sec.) dove viene riconosciuto un terzo sesso con entrambi i caratteri, ma con la differenza che mentre l’ermafrodito assomma una duplice presenza di caratteri sessuali sia maschili che femminili, al transgender viene riconosciuta, al di là dei caratteri sessuali, l’intenzionalità di autogestire la propria scelta di pratica sessuale secondo una linea sfumata, progressiva e continua.  L’uomo che sceglie una pratica erotica con una trans in qualche modo rivive il mito greco diTiresia, (Di Rocco, 2007) che fu donna per sette anni prima di tornare ad essere uomo, nel senso che desidera esplorare una molteplicità di emozioni che sente tutte appartenergli, nella complessità della sua sessualità quanto nelle forme di transessualità dell’altra. Viene confermata la teoria dell’essenziale bisessualità dell’essere umano da cui può ulteriormente evolvere in una forma di transessualità psichica comune. In questo modo viene rafforzato il concetto del  carattere plastico della pulsione libidica che, a differenza dell’istinto, può cambiare con relativa facilità oggetto e modo di soddisfacimento in una commistione fatta d’innumerevoli sottigliezze  e raffinatezze psicologiche. L’erotismo si sviluppa oltre ogni immaginazione, viene costruito su basi diverse concedendo spazio a corporeità sconosciute che nella pratica diventano fonte di nuove emozioni e di piaceri. L’attività sessuale, piuttosto che rispecchiare una sessualità biologica rigidamente preformata, si mostra come qualcosa che viene auto costruita, ma anche costruita nella specifica relazione, nel qui ed ora dell’incontro, nell’incertezza della scoperta quanto nella difficoltà di dargli un’espressione.
L’uomo percipiente, nella consapevolezza del ciclo del contatto, vive la sua corporeità come  modo d’esistere in cui “si sente” e non più nel modo in cui “si vive” secondo il rigido determinismo delle regole sociali. Un corpo simile ad una ricetrasmittente tenuta costantemente accesa per captare i messaggi provenienti dallo “spazio”. Un bisogno reale  teso alla completezza e all’integrazione  dei vari sé, sessuali inclusi, tutti significanti l’unità perduta espressa nei tanti archetipi che l’umanità ha saputo trasmetterci. Alla persona che si scopre questo desiderio (Perls, 2006) potrebbe dire molte cose, probabilmente esprimendo quanto sia importante la consapevolezza della relazione di totalità intercorrente tra il proprio organismo e le emozioni che lo presiedono con le aspettative sociali che  orientano la vita. Il desiderio erotico (come il pensiero)  di  per sé  non costituisce  un  peccato, come nella rigida interpretazione del 6° comandamento dove dice: “non commettere atti impuri”, diventa legittimo e, fermo restando il rispetto dei principi etici su cui si deve basare l’incontro interpersonale, costituisce l’elemento fondante dell’equilibrata dinamica di ogni organismo e del suo flusso d’autoregolazione organismica. In questo contesto l’attrazione maschile verso la persona  trans va considerato come espressione delle molteplici sfumature intercorrenti nella relazione tra struttura corporea e desiderio sessuale. L’oggetto del desiderio si sposta  verso altre realtà in un processo di metamorfosi psichica che re-interpreta l’espressione della libido.(Buchbinder, Petrilli, 2009)
L’uomo abitato da questo desiderio inizia a trovare le parole per raccontarsi e comincia a  vivere questo immaginario percependosi come spettatore di un desiderio sconosciuto, socialmente misterioso, quasi senza nome, non definibile, innominabile. Preferisce orientarsi verso le nuove frontiere che la rivoluzione sessuale ha aperto, iniziando un pellegrinaggio  in cui resta molto difficile stabilire dei contatti interpersonali con la speranza di condividere  una sessualità complementare e soddisfacente.
Alle domande “Io chi sono – Chi è il mio partner?”, non è facile dare una risposta. Richiede un affaccio su di un mondo sconosciuto, ignoto a se stessi quanto al complessivo contesto sociale. Alla specificità delle risorse biologiche non rimane che affiancare il valore esistenziale della propria soggettività presente nel mondo, per poi partire da questa per cercare di dare un senso alla propria storia umana. L’approccio con una visione fenomenologica-esistenziale può alleggerire questo disorientamento fornendo, all’unicità della persona, la dignità di una storia tutta da vivere nella realtà del mondo presente. Questo desiderio maschile verso una persona trans esprime l’intricata espressione tra il corpo reale di chi desidera e il corpo immaginato di chi viene desiderato nella duplicità di un corpo femminile e al contempo maschile, in una sorta d’indecifrabile gioia vissuta nello sfondo di personali pratiche sessuali.
Almodovar nel film  Tutto su mia madre (Cannes, 1999), fa rispondere alla trans Agrado, a cui era stato chiesto perché non si operasse:

E poi come lavoro? I miei clienti mi vogliono donna con il pisello”.

Il pene della trans viene considerato dal cliente maschio eterosessuale come un feticcio utile per travestire una maschilità rimossa a tendenza omosessuale a cui non  ci si concede se non  attraverso l’immaginazione di un’apparente figurazione femminile. Il feticcio si fa mistero “facendo diventare un dito, un braccio, una guancia, una breve distesa di pelle ,una parola che avvolge e accarezza l’intero corpo… dell’altro; in esso è interamente il suo enigma.” (Rella, 2000) Una sirena senza coda, ma con un “pisello”, capace d’ammaliare in una vertigine irreale e sognante dove l’avventura di Eros attraversa gli ignoti percorsi del corpo. Anche se la relazione avvenisse nel quadro della prostituzione pur sempre può essere considerata un luogo  di “esperienze” possibili, nell’ignoto quanto nel trasgressivo, come se fosse una modalità  utile per imparare ad accedere ad un “mondo d’amore”.
Ma questo desiderio verso una trans,  ha la dignità d’essere inteso  come un possibile desiderio d’amore? Spesso ho sentito gli echi di un razzismo capace di mette in dubbio ogni sentimento, riducendo tutto al commercio di fantasie da caserma senza nessuna disponibilità ad accettare che tale sentimento si possa sviluppare in un contesto di vera affettività. Una  pratica sessuale considerata come una delle più turpi, una morbosità da fare nascosti nel buio, per nascondere l’intreccio tra lui, il maschio eterosessuale che non c’è e l’altra, intesa come sottodonna sequestrata nella sua formalità, ma con un pene stretto tra le cosce. In effetti, in questo contesto, così volutamente emarginato dal perbenismo sociale, ci sono due persone che si confrontano, contaminate dai pregiudizi arroganti che non consentono  nessuna idea di umanissima affettività. Da un punto di vista antropologico l’uomo si qualifica solo attraverso l’amore, solo questa esperienza lo introduce in una dimensione più profonda, indipendentemente dal contesto, dal tempo come dallo spazio. (Cargnello, 1977) Quello che conta è riconoscere di stare nel mondo sul  piano di realtà con le sue infinite rappresentazioni,  dove sia possibile  essere amati e  amare, secondo gli infiniti  modi di essere: stare vicini o  lontani, con età diverse, con la pelle di colori diversi, e non ultimo, le innumerevoli espressioni della sessualità dove due persone s’incontrano, con reciproco desiderio, in nome di una natura umana dove corpo e affettività s’intrecciano. La realizzazione di un Eros non ripudiato, ma riconosciuto e vissuto secondo il potenziale energetico più alto, coinvolgendo se stesso e l’altra seguendo paradigmi sessuali inesplorati.
Cosa avviene da un punto di vista fenomenologico? Accade che mentre Eros impazza dominando con la sua gioia di vivere, l’uomo realizza la sua esperienza, forse non sapendo bene cosa stia vivendo nei meandri di quei passaggi sconosciuti. Può solo viverli ed ascoltarsi. Quello che conta è che ciascuno viva la relazione secondo la sua veduta e secondo la sua esperienza del mondo, senza sovraccaricare questa da estranianti descrizioni scientifiche, siano queste psicologiche o biomediche.

 

BIBLIOGRAFIA

 Buchbinder David   Masculinities  
Petrilli Susan                Mimesis, Milano, 2009

Cargnello Danilo    Alterità e alienità   Feltrinelli, Milano 1977

Di Rocco Emilia      Io Tiresia. Metamorfosi di un profet   Ed. Riuniti, Collana Saggi e Linguistica, 2007

Laing David          L’Io e gli altri   Rizzoli Supersaggi, 1996

Perls Frederick      L’Io, la fame, l’aggressività Francoangeli, 2006

Platone                   Simposio  IV sec. a.C.  Mondadori, Scrittori greci e latini, 2001

Pustianaz Marco     Generi di traverso Edizioni Mercurio, Vercelli, 2002

Quattrini Paolo       Fenomenologia dell’esperienza Zephyro Edizioni 2007 pp 122

Rella Franco          Ai confini del corpo Feltrinelli, Campi del sapere, Milano, 2000

Rostany P.            Orlan, il più estetico degli atti morali  “D’Ars”, n°137  1992

Velena Helena       Dal  cybersex  al transgender  Castelvecchi, 2003