Published On: 5 Giugno 2013Categories: La Rivista

di Ornella Marini

Istituto di Tantra e Arti per la cura della relazione, con sede a Firenze

Pubblicato sul numero 16 di Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia

 

La parola Tantra in sanscrito ha molteplici significati, indica allo stesso modo la trama di un tessuto, una dottrina spirituale o magica, intrecci e trame, tessitura di trame infinite, un’opera d’arte o scientifica, lo svolgimento di una cerimonia, la continuità, la successione e la discendenza. Essa deriva dalla radice tan – “espansione” e tra – “liberazione” con la parola tantra si indica dunque un insieme di esperienze e di pratiche millenarie volte all’espansione dell’ordinario stato di coscienza. Questo è il significato maggiormente riconoscibile dalla nostra cultura occidentale: ‘strumento per ampliare la coscienza’. Questo allargamento della consapevolezza include tutti gli aspetti della vita ed il tantra è fra tante l’unico terreno di esperienze in cui è possibile compiere l’ardua sintesi tra gioiosa accettazione e liberazione.
Alcuni rituali tantrici sciolgono la corazza muscolare fisica ed i blocchi emotivi, aiutano ad aprirsi ed ampliare quegli spazi al nostro interno dentro ai quali lasciare scorrere l’energia come manifestazione dell’accadere della vita, con presenza e quella qualità di partecipazione che non cede all’attaccamento. rimanendo con i piedi per terra e con la coscienza aperta, disposti a sperimentare spazi di relazione con abbandono ed attenzione insieme, eccitazione e rilassamento insieme.
A questo fine nelle pratiche Tantriche si usa anche la sessualità come veicolo per accedere più velocemente a se stessi in relazione con l’altro.
Secondo il Tantra ogni accadimento della vita, è vissuto nella totalità dell’esperienza, con i sensi aperti e la disponibilità del corpo dell’anima e dello spirito. Nello stesso modo l’incontro amoroso, è l’incontro di due persone nella totalità dei loro aspetti e nell’accadere del qui e ora dell’esperienza.
Si arriva alla cosiddetta ‘Estasi tantrica’ attraverso l’accoglienza dell’ombra. Pertanto l’incontro amoroso è l’incontro dei corpi- canali dentro ai quali fluiscono energie emotive così come sono. Sensazioni, emozioni, sentimenti disagevoli come il dolore, la rabbia, la sensazione di blocco piuttosto che piacevoli come la gioia, la sensualità, l’amore. L’attenzione all’accadere equivale a stare su quel crinale su cui si cavalcano le energie, esattamente come si cavalca un cavallo, sentendo il fremito dei suoi muscoli sotto le gambe, i movimenti vibranti, il calore del flusso del sangue ed il calore di quella fatica che lascia soddisfazione. E al contempo si osserva, si partecipa, si tengono le briglie per continuare a godere della cavalcata e stare nell’accadere dell’esperienza. Ed è possibile scoprire così la capacità  non solo di non cadere,  ma di vivere la cavalcata fino al cielo. Ed è proprio questo cavalcare l’emozione e lasciarla scorrere che apre nel suo passaggio attraverso i corpi, quello spazio del cuore, dove la distanza fra te e l’altro, fra i luoghi interni ed esterni diventa abitata da quel flusso di leggerezza e amore, qualità naturali dell’energia del cuore.
Quindi l’ombra e la luce nel Tantra non sono separate e non creano separazioni all’interno della relazione.
In questo senso Il Tantra è, una esperienza di iniziazione verso l’apertura del cuore, è un processo di trasformazione da ombra a luce, da dolore a gioia, da rabbia a pace, dai limiti della coscienza all’espansione della coscienza
E questo è anche il processo che avvicina l’esperienza Tantrica all’esperienza Artistica: secondo la mia esperienza, quella che noi chiamiamo “ispirazione” non è altro che la vibrazione di tutti questi spazi interni che si aprono nello stesso attimo e che permettono all’artista di creare la sua opera poiché trasformato in un canale che dà e riceve contemporaneamente, è dall’energia che passa dentro di lui che l’artista lascia uscire la sua opera.
Questa premessa per introdurre due punti di vista che fino ad ora mi hanno molto aiutato nella conduzione di gruppi, spingendomi soprattutto a ricordare che aiutare gli altri non significa risolvere loro la vita ma significa tendere al cuore, ed innanzi tutto al mio, cioè all’apertura del mio cuore verso gli altri.
Per spiegare meglio vorrei introdurli : uno è La Cura come spazio di cuore e l’altro è il Tabù, nello specifico l’avvicinarsi al Tabù con coraggio e attenzione al contempo.
LA CURA COME SPAZIO DI CUORE.
Personalmente faccio fatica a credere nella guarigione: guarire significa che si deve eliminare qualcosa, non sempre è possibile, non sempre è etico, spesso andiamo bene così come siamo. Mi piace più parlare di cura che di guarigione: la cura comporta l’accoglienza del disagio o della malattia. La cura è più dolce, permette di accettare e di curarsi di se stessi nella totalità, comporta di accorgersi di cosa ci succede dentro, accoglierlo e trovare strumenti per trasformare il lato sofferente in qualcosa di più nutriente e soddisfacente.
Proviamo a vederci come una sfera piena.
Questa sfera ha un nucleo interno, un centro.
Dalla superficie al centro ci sono vari spessori, ingredienti e materiali che la compongono.
Il corpo, la mente con le sue convinzioni, i sensi, le emozioni. Al centro il cuore. Per cuore intendo quel nucleo che raccoglie tutto quello di cui siamo fatti e lo trasforma in puro amore, quindi il nostro autentico centro privo di pesantezze e limiti. Poiché nel cuore non ci sono sentimenti, non c’è chi è tanto o poco, meglio o peggio, non ci sono risultati o premi o punizioni, solo un totale SÌ.
Questi materiali, strati, parti, ingredienti, personaggi, insieme al cuore compongono noi stessi. Ognuno di noi è l’insieme di tutto.
Visitarli come strati ci può dare una mappa: nella superficie più esterna c’è il corpo-contenitore, viaggiando verso l’interno incontriamo la mente, poi le emozioni e i sentimenti, fino a giungere al centro, il cuore. La mappa può essere utile per entrare con un certo ordine nel lavoro su di sé ed approfondire un argomento per volta.
Ma sappiamo che dobbiamo tenere ben chiaro che la mappa non è il territorio, il territorio è ciò che nasce dall’insieme di tutti questi aspetti. Il territorio è l’insieme nella sua totalità, la persona nel suo insieme è ben diversa da ognuno dei suoi aspetti presi separatamente.
Nella nostra vita interiore, il procedere non è lineare, bensì circolare e disordinato al tempo stesso, a seconda degli eventi piccoli o grandi della vita.
Non stiamo facendo un viaggio lineare con la meta di arrivare al cuore.
Stiamo viaggiando circolarmente all’interno della nostra sfera che è sempre in relazione con tutte le altre sfere (persone, luoghi, natura, animali, oggetti ecc). Alcune volte incontriamo il blocco corporeo altre volte quello emotivo altre quello spirituale. Ogni qualvolta incontriamo un blocco all’interno della sfera risuona l’onda energetica di quel blocco in tutta la sfera. Poiché la sfera è la nostra energia nell’insieme che contiene tutte le parti di cui siamo composti.
Questa è la ragione per cui si può sentire un’emozione localizzata in una parte del corpo, un blocco spirituale può essere collegato ad una ferita emotiva subita da piccoli, una malattia o un dolore fisico possono corrispondere ad una emozione bloccata, un sentimento può essere non riconosciuto a causa di una convinzione o di un condizionamento mentale, ecc…
La cura non comporta quindi l’eliminazione del disagio o della malattia, ne comporta l’accoglienza e la possibilità di essere arricchiti da questa. Curare può significare riportare alla luce ciò che era rimasto isolato nella sfera e rivitalizzare il collegamento con la vita emotiva, fisica e spirituale, rimettere insieme i pezzi e risentirci compatti nella sfera che siamo.
Ciò che evolve con la cura è la capacità di affrontare quelle onde energetiche che corrispondono ai blocchi o difficoltà personali che incontriamo nel viaggio della vita e che ci permettono di non essere annegati dall’onda stessa. In questo senso il procedere in modo circolare all’interno della sfera può essere paragonabile ad una spirale che, attraverso la cura crea quello spazio sempre maggiore che l’avvicina al suo centro, il cuore.
Non combattere contro il disagio o la malattia è un processo che accade nel cuore, è già un “fatto del cuore”: l’accoglienza, la dolcezza, la comprensione, la con-passione di ogni aspetto, disagio, sofferenza, malattia accade nel cuore.
Quello spazio, riempito dallo scorrere della relazione fra counsellor e cliente ecco che può diventare un’opera d’arte. Sia avvalendosi di competenze tecniche artistiche (che sia la pittura, il teatro o la scrittura o il cinema ecc), sia della capacità di liberare il terreno dalle difese del carattere e delle convinzioni mentali per diventare nel qui e ora canale dell’energia ricettiva e creativa insieme, nasce quel processo di cura che si avvicina ai fenomeni del processo creativo artistico in cui ci troviamo appagati ed appassionati del momento presente, pronti a dare e ricevere nello stesso attimo.
Il proprio vivere, anche il più doloroso, è interessante, importante materiale da visitare, elaborare, sottoporre a quel processo creativo che lo fa diventare un prezioso tesoro, materiale che la parte artistica di ognuno di noi può trasformare attraverso quel processo alchemico che accade nel cuore
Perciò non credo alla guarigione. Credo che stare meglio possa voler dire che le proprie difficoltà si guardano con amore invece che con il terrore che spinge a volerle eliminare.
IL TABU’
“ Il Tabù è un limite, è come un filino elettrico che dà la scossa, se sopporti la scossa ci passi. Una volta che ci sei passato ti accorgi che è effimero e ci puoi ripassare. La conseguenza densa è che se vuoi tenere un tabù lo devi rispettare, lo devi coltivare, perché basta nulla e va giù… Infrangere è normale, rispettare è anormale… Poiché il tabù è una struttura a tua disposizione, che hai ereditato culturalmente per renderti la vita più facile, puoi rompere la struttura quando lo ritieni utile. Può essere di aiuto o di ostacolo a seconda dell’insieme della vita…” P. Quattrini *1
E’ consigliabile tenere da conto il tabù e sentirne la scossa, poiché questo permette di farti avvicinare ai tuoi limiti e sentire se è il caso di valicarli o meno, sentire se il limite ti imprigiona e non ti permette di ampliare i tuoi orizzonti o se invece ti difende dal rendere la tua vita ancora più difficoltosa ed incasinata. Con il rispetto della scossa si può andare molto vicino alla persona e questo è molto utile sia nelle relazioni private che nel mestiere di counsellor.
Per noi occidentali il vero tabù, la vera trasgressione non è fare sesso ma accedere al mondo delle emozioni, delle sensazioni e dei sentimenti e prendere coscienza delle nostre dinamiche psichiche, senza esserne sopraffatti. Cioè il tabù per noi non è fare sesso in se stesso, ma come lo si fa.
L’atteggiamento più comune, nella cultura occidentale, è tentare di allontanare l’ascolto interiore e di uscire dalla presenza a se stessi servendosi dell’eccitazione e dell’ebbrezza. L’onestà interiore consiste nell’accorgersi ed accogliere ciò che sentiamo in ogni momento, rimanendo presenti nell’eccitazione piuttosto che nel dolore piuttosto che nel piacere o nel sentimento, senza cercare di nascondere le imperfezioni o punirci con i sensi di colpa.
E’ dall’avvicinarsi al tabù, cioè alla coscienza e l’accoglienza di quel che c’è, che troviamo gli strumenti per migliorare ciò che non ci piace di se stessi.
Sia il Tantra che le Arti, “mettono a nudo”, a volte il corpo, a volte l’anima, ed in questo secondo caso spesso il tabù è ancora più denso. Si caricano quindi entrambi del tabù di mettere a nudo.
Questo ha una doppia valenza:

  1. propongono la difficoltà di guardare il tabù e di assumersi la responsabilità di averlo.
  2. offrono la possibilità di compiere un percorso per superare il tabù.

Nel Teatro, per esempio, il tabù consiste non solo nel mettere a nudo ma anche nel mostrare la nudità.
Il teatro rivela una vita interiore che a volte si spinge anche oltre l’interiore, una vita soprannaturale: il mistero del teatro ovvero quel clima magico che lo rende vicino, poiché come spettatori ci possiamo identificare o riconoscere in ciò che accade sulla scena o nell’anima del personaggio, e, nello stesso tempo, lontano, poiché è immaginario e fantasioso e accade all’ ‘altro’ (al personaggio, all’attore e non a noi stessi).
Per cogliere il soprannaturale è necessario avere ridimensionato schemi mentali, pregiudizi, blocchi, …e nel ridimensionare si fa spazio, creando spazio vuoto. Ecco che si presenta il vuoto, il vuoto fertile, lo spazio che rivela.
Il fenomeno del mettere a nudo e rivelare può essere tabù.
Tragedie, ammazzamenti, amori, sesso, intrighi, temi frequenti nelle opere teatrali, sono spaventosi e da tenere nascosti, sono ombre oscure da non rivelare, sono un mondo sconosciuto.
Nel teatro di ricerca degli ultimi anni, come negli antichi rituali sacrificali religiosi, si sono uccisi cavalli in scena, dissanguati animali. Ciò rivela il mondo nascosto e spesso spaventoso dell’ombra umana, a volte dell’inumano. Questo è un tabù, un filo da non valicare, troppo fuori dagli schemi, completamente imperfetto.
Come spettatori, soltanto nel mistero, nel buio della platea, nella magia del teatro, nel pensarlo distante da noi troviamo la porta per superare il tabù e accedere al mondo nascosto dell’imperfezione.
Nel counselling artistico per esempio, ma anche nelle esperienze dei rituali tantrici, il cliente trova la forza di superare il tabù per bisogno, per estremo bisogno di cambiare qualcosa che non va, per quella sofferenza che rende indispensabile fare nuove esperienze che oltrepassano il filo che iniziamo a sentire come imprigionante.
Come attori superiamo il tabù per bisogno di rendere il proprio lavoro utile anche all’anima, per continuare a fare esperienza e misurarci con ciò che nella vita non possiamo permetterci: fare una scorpacciata di anima, con tutte le sue spaventose giungle e le sue pacificanti radure.
Come counsellor  ci avviciniamo al tabù rispettando maggiormente la sensazione data dalla scossa elettrica, con delicatezza, ampliando la capacità di ascolto dalla quale nascono le proposte da fare al cliente, di esperienze che possano gradualmente avvicinarlo all’atto di tagliare il filo.
Il teatro, ed ogni altro tipo di Arte come la scrittura, la danza, la pittura, il cinema d’autore, la scultura, possono essere quindi un canale per sciogliere il tabù del mondo nascosto dell’anima e dello spirito, vivendolo e concretizzandolo nella realizzazione dell’opera stessa.
Nel teatro e nella danza, ma anche in alcune esperienze tantriche, un risvolto del tabù del mettere a nudo è l’esibizionismo, è necessaria un certa dose di esibizionismo per mostrarsi.
L’esibizionismo può essere per alcuni un tabù. In questo caso è ancora più necessario aumentare la sensibilità verso “il filo”, se non si sente la scossa del filo, si rompe irrispettosamente un confine provocando un’invasione che invece di avvicinare allontana. Mostrarsi può essere invasivo per alcuni e la conseguenza è la separazione dal gioco e quindi da se stessi oltreché dagli altri.
Il risvolto terapeutico dell’ avvicinarsi al tabù del mostrarsi è togliere gradualmente la maschera ed entrare passo dopo passo in comunicazione intima con l’altro, con gli altri, attraverso quella comunicazione che amo chiamare ‘del cuore’,  priva di giudizio e di critica, ricca di accoglienza, trasparente e profonda nell’offrirsi per ciò che si è nel momento.
Il Tantra in particolare, ma, ancora per troppe persone, anche tutto il mondo dell’Arte, inteso come strumento per mettere a nudo e mostrare, è per se stesso un tabù e come tale è tenuto lontano ed è difficile da praticare. Questo è uno dei motivi per cui le persone non amano mettersi in gioco in queste forme e tantomeno se sono associate a un lavoro che implica un movimento psicologico, di maggiore coscienza di sé o che ha a che fare col cambiamento e il ridimensionamento delle proprie strutture interne, in quanto vorrebbe dire sentire la scossa del mettersi a nudo e prendersi la responsabilità di tagliare il filo o meno.
Mi viene in mente Caravaggio, il dipinto su Giuditta e Oloferne … la pittura così cruda del taglio della testa compiuto da una fanciulla esile e delicata verso un uomo scuro e brutale, un’immagine simbolica dell’esperienza densa del  tabù, una visione davanti alla quale ci si ritira per esserne emotivamente troppo scossi, ma al contempo se ne è attratti, un’opera d’arte spaventosa che ci lascia lo spazio ancora più intrigante della bellezza.
E’ la bellezza di un’immagine che nel suo contenuto non dovrebbe averne. Un taglio della testa con coltello tenuto in mano da una bella ed esile donna, sangue che cola e occhi che escono dalle orbite. Se privata del contenuto artistico, non è di per sé una bella immagine. Eppure ne percepiamo bellezza, la bellezza artistica, una pittura forte e perfetta, una luce talmente intensa che rende l’immagine divina, il sacro ed il profano si sposano. Ecco il tabù: ma la nostra mente è costretta a cedere ed a lasciare che lo schema del giusto o sbagliato, del giudizio, si sgretoli davanti a tanta divina bellezza ed inizia ad accogliere,  ad accogliere la possibilità che quasi…anche un omicidio in termini così divini, si possa accettare.
In questo caso l’arte ci aiuta ad avvicinarci al tabù. Il vantaggio è che se mi avvicino a quel limite imparo ad averne a che fare e cioè a scegliere o no di valicarlo. Il limite-filo così non è più tabù, diventa uno strumento nelle mie mani per ampliare ed approfondire le proprie occasioni di relazione.
IL TABU’ DEL SESSO.
Nel Tantra il Tabù può essere doppio. Il tabù del mettere a nudo è associato a quello sessuale poiché la sessualità tantrica mette a nudo.
Al giorno d’oggi avviene che le persone credano di aver superato il tabù perché socialmente si finge una certa liberazione sessuale, si mostra sesso in tv, nelle discoteche, per strada. C’è l’idea di ostentare il valicare del filo, ma è solo ‘un’idea’. Nel concreto l’esperienza  si rivela solo un tentativo di non sentire la scossa e non prendersi la responsabilità del tabù. Non sentire la scossa del tabù del sesso porta a non avvicinarsi veramente. Dentro di noi il sesso rimane una cosa spaventosa, non autentica, un’esperienza non realmente vissuta, non conosciamo cosa è il rispetto della sessualità, poiché non conosciamo veramente la sessualità. Il Tantra aiuta a sentire la scossa del tabù fin dal primo respiro, aiuta a giungere alla scelta personale di abbatterlo o meno, aiuta a rimettere il sesso e la relazione in uno spazio sacro e ad avvicinarsi a quello spazio con il proprio personale  modo di aprirsi.
Nella mia esperienza di conduttrice di gruppi di Tantra ho potuto vedere che il sesso può fare paura nel momento in cui diventa un autentico banco di prova con se stessi. Perché diventi soddisfacente, infatti, richiede di sentire l’anima e metterla a nudo smascherando come siamo dentro, richiede di considerare anche l’anima dell’altro ed accettarla per quel che è.
Per questo motivo siamo portati a negare o ostentare il sesso, ne facciamo poco e di nascosto o lo sbandieriamo per strumentalizzarlo ed esorcizzarne la paura. E’ così che rimane spaventoso, che è spesso fonte di cinico sarcasmo o di battute da cabaret, e ancora viene sentito come “ moralmente impuro”.
Il sesso è “impuro” perché può tirare fuori l’anima, mettere a nudo l’ombra e la sua imperfezione. Il sesso può richiedere di entrare in relazione profonda, con se stessi e con l’altro, scambiarsi gesti fisici di passione o di tenerezza, aggressivi, veloci, lunghi, sofferti, dolci o frugali, ma comunque gesti che esprimono la vita interiore, gesti comunque intimi. Perciò rende ‘fragili’. Ci aiuta a provare piacere tanto da sciogliere le proprie strutture e ricollegarci al cuore.
Nella mia esperienza ho potuto vedere che avvicinarsi al tabù del sesso aiuta a sciogliere i ghiacci della nostra vita, aiuta ad assottigliare l’incomunicabilità fisica ed emotiva, aiuta a sciogliere quel conflitto interno che nasce dal giudizio e dalla convinzione, spesso del tutto inconsapevole, ma proprio per questo ancora più profondamente radicata, che avvicinarsi al sesso e praticarlo significa essere “puttana” o “porco”.
Per una donna lo spessore del filo è ancora maggiore, i retaggi della cultura cattolica vedono la donna come spezzata: o “santa” o puttana” e non le permettono di interessarsi al sesso come veicolo per mettere insieme piacere e spiritualità. Questo ha creato tabù e separazioni dal mondo materiale ovvero dal proprio corpo. Privandola della fiducia nel proprio corpo, la ha appesantita di disfunzioni del sentire e depressioni, con conseguente perdita di autostima e del coraggio di essere autonoma sia economicamente che affettivamente, pur stando in relazione.
Anche se oggi l’emancipazione consente di avvicinarsi maggiormente come donne al mondo sessuale, ed anche al mondo dell’economia e del potere, si ritiene ancora che sia pratica e terreno maschile, proprio perché siamo ancorate ad uno stereotipo sessuale vicino alla cultura maschile pornografica, cioè finto. Anche se da diversi punti di attrazione, se, così come gli uomini, anche le donne sperimentassero la sessualità per conoscere le autentiche qualità dell’incontro come incontro totale di corpo anime e cuori e quanto questo tipo di incontro sia la porta per accedere alla spiritualità più elevata, ne sarebbero forse più attratte degli uomini stessi e la praticherebbero con meno tabù.
Nel Tantra la donna è rappresentata in ogni immagine femminile spirituale sia rabbiosa e aggressiva, sia guerriera, sia estatica, pacificante, acuta, accogliente, feroce, sensuale… tutti i suoi molteplici aspetti sono riuniti nella spiritualità. “…ed è molto liberatorio poter essere religiose senza dover tenere gli occhi bassi e celebrando il nostro essere FEMMINA” Micaela Zadra *2
Per noi donne può significare ammorbidire quella linea di separazione che ci fa sentire divise al nostro interno, sentirsi perciò intere e al contempo facilmente mobili nella molteplicità degli aspetti e personaggi al nostro interno.
Non sentirsi eternamente isolati o insoddisfatti delle relazioni affettive, può significare sperimentare la comprensione verso l’altro, ampliare la coscienza transpersonale e lo spazio del cuore.
NOTE
*1-dagli atti dello stage di supervisione condotto dal Dott. Paolo Quattrini, Campiglia- anno 2007
*2-TANTRA-la via dell’estasi sessuale, Elmar e Micaela Zadra. Mondadori Editore 1999
ALLEGATI – ESPERIENZE
‘LA LOTTA E L’ABBRACCIO’
Vorrei descrivere un semplice rito che si può praticare facilmente e spesso: Il rito de “L’abbraccio in ascolto”
Consiste nell’abbracciarsi in piedi per circa 10 minuti, possibilmente con il contatto di tutto il corpo dai piedi alla testa, compreso bacino e genitali, cercando di sentire cosa accade al nostro corpo quando sente quello dell’altro. Cercando di accorgersi quali parti del corpo sono in contatto e quali no, quando e se arriva la paura e quali sono i pensieri a riguardo, sentire quando e se si apre il desiderio sessuale, accorgersi di ciò che accade alla propria vita emozionale, oppure accorgersi che non succede proprio niente. Si tratta di abbracciarsi, di respirare e domandarsi ‘cosa sento? cosa provo ora? e dove nel corpo?’.
Riporto alcune testimonianze sull’esperienza.
“ Quella mattina era carica di una nottata di frustrazione. Dopo tanti mesi di difficoltà e di litigi anche il sesso che fino allora era stato sempre il nostro luogo di riconciliazione, quella notte non aveva funzionato. Angelo ad un certo punto ha perso l’erezione ed io sono entrata in una delle mie solite fantasie persecutorie in cui il pensiero migliore era: ‘ecco non gli piaccio più, non sono nemmeno più capace di farlo eccitare, devo perdere i kili che ho preso in questo inverno se non voglio che mi tradisca con una ventenne….’ E via avanti così.  Ci siamo addormentati senza trovare un rimedio, ognuno nella sua parte di letto, senza alcun contatto per tutta la notte.
Quella mattina, dopo circa 7 giorni che sperimentavamo l’abbraccio, ho iniziato a respirare più profondamente, forte, un suono mi usciva ad ogni espirazione. Mi sentivo più presente ma anche più emozionata. Non volevo lasciare l’abbraccio, avevo ancora alcuni minuti di tempo. Non volevo nemmeno mettermi a parlare con Angelo, mi avrebbe allontanato dall’esperienza. Sono rimasta lì abbracciata dai piedi alla testa, in piedi, sulla porta della camera. Respiravo e quasi cantavo. Angelo stranamente non si stupiva anzi, anche il suo respiro aumentava. Ad un certo punto il mio suono è diventato grido, ed una rabbia furiosa mi è uscita dalle mani, stringevo le spalle di Angelo e gridavo. Ad un tratto lui mi ha sollevato. Continuava ad abbracciarmi ed ha iniziato ad emettere suoni anche lui ed inoltre si è messo a girare intorno al suo asse con me in braccio. I corpi di entrambi erano saldi e forti, la voce pure.
Abbiamo continuato così per un po’, Angelo cambiava spesso direzione del giro, io ogni volta urlavo di più.
Quando ci siamo fermati, siamo rimasti ancora un minuto in contatto, sentivo i piedi, la vagina, il cuore che pulsavano insieme. Era difficile staccarsi. La rabbia non c’era più, c’era una strana leggerezza ed una vibrazione nel torace
Non so quanti minuti siamo stati lì fermi insieme in ascolto prima di allontanarci, senza né parlare, né ridere.
Alla fine ci siamo guardati negli occhi… e senza proferire parole ci siamo comunicati un amore infinito.
Adesso ogni mattina utilizziamo l’abbraccio come rito di apertura ai litigi. Cioè dopo l’abbraccio ci prendiamo altri 10 minuti prima di uscire per dire reciprocamente tutto quello che non va.
Il fatto è che spesso non abbiamo proprio più niente di cui litigare, il cuore si apre e ci conduce in quello stato di accoglienza reciproca in cui i motivi di litigio perdono molta della loro importanza”.Carla 37 anni, infermiera

“E’ stato un incubo!.. sono capitata proprio con l’uomo del gruppo che mi repelle di più…. Non ce la facevo proprio ad abbracciarlo. Mi sembrava che lui mi stringesse troppo… sentivo il suo odore e non mi piaceva! Pensavo: Dio mio, adesso me ne vado! Ma perché uno deve abbracciare per forza qualcuno che gli fa schifo, perchè??!!’
Sentivo le forme del suo corpo un po’ molli.., le immaginavo sudaticce e pensavo: ‘meno male che almeno siamo vestiti’, mi sembrava di sentire l’odore del suo alito che non mi piaceva proprio… Ma tu dicevi che comunque fosse l’esperienza, sarebbe stato meglio rimanere, provare a stare lì. ‘Che palle! Ma che roba è, che vuol dire stare lì? Perché devo stare lì con uno che proprio è l’opposto del mio tipo?’ E sentivo l’odore del suo alito, non mi piaceva l’odore del suo alito… Ad un certo punto ho realizzato che la sua bocca era diametralmente opposta alla mia, ‘macché odore dell’alito , ma che sto pensando? io tengo la faccia voltata all’esterno, lui pure… questo non è l’odore del suo alito, è il mio!
Ecco che lì qualcosa è cambiato: con l’attenzione un po’ forzata al mio alito…ho iniziato a sentire me stessa, cioè a vivere l’esperienza da dentro il mio corpo, mi sentivo dalla testa ai piedi, sentivo il contatto con l’altro ma lo sentivo sul mio corpo e… mi piaceva! Sentivo le forme diverse dei due corpi ed il calore che emanava dalle parti che si toccavano e mi piaceva!
Mi sono accorta della tensione che avevo nelle spalle, le ho un pochino rilassate e sono riuscita ad appoggiare la testa sulla sua spalla… mi sembrava quasi che ‘il tipo’ fosse diventato accogliente, per bacco! Mi ci stavo quasi rilassando.
Un po’ mi pesa ammetterlo ma è vero che se me ne fossi andata quando volevo non avrei potuto provare il piacere del contatto, ma soprattutto non mi sarei mai accorta che non mi serve a nulla mettermi lì criticare gli altri, mi serve invece sentire me. Il contato con il mio corpo mi fa anche guardare, sentire, toccare e vivere le cose e gli altri in modo differente.’
Ilaria, 50 anni, consulente commerciale
“Non mi succede quasi mai, ma questa volta, già nei primi secondi ho avuto un’erezione. Dovevo rimanere abbracciato per 10 minuti ed ero già eccitato. E poi non volevo che lei se ne accorgesse, ma il piacere aumentava, avrei voluto strusciarmi al suo corpo, ma non ne avevo il coraggio. Nel frattempo pensavo che dopo le avrei chiesto di passare la serata con me, che avrei voluto farci l’amore. Cominciavo anche a sentire bene le sue tette. Insomma i pensieri hanno preso il sopravvento, non ero più lì a sentire l’abbraccio, l’eccitazione, il piacere e quant’altro. Pensavo a dopo.
Pensavo al sesso che avrei fatto dopo.
Pensavo a dopo, dopo.
E poi pensavo anche , ma se lei non vuole?
E l’erezione diminuiva un po’, poi però sentivo le tette e allora ricominciava.
Non me ne fregava niente dell’abbraccio, volevo che finisse e penetrarla subito.
Ora mi manca un po’ l’abbraccio, cioè è un’esperienza rara. Quando mai si sta 10 minuti ad abbracciarsi?
E adesso mi accorgo che ho perso quel treno solo perché pensavo a qualcosa che se volevo forse avrei potuto avere lo stesso o almeno provare ad avere, senza per forza distrarmi dall’abbraccio a causa dei pensieri vorticosi sull’eccitazione che avevo. Mi sarebbe piaciuto rimanere eccitato, ma in ascolto, lì abbracciati. Non pensare, sentire l’ eccitazione e godermi l’abbraccio e basta. Senza andare con la mente sempre oltre. Poi in un oltre che veramente non c’era.
C’era l’abbraccio… e me lo sono fatto scappare.”
Andrea, 43 anni, ingegnere
“…ancora non mi spiego cosa mi sia successo ieri in quell’abbraccio…quella commozione, quelle lacrime hanno sciolto qualcosa… spero che sia l’inizio di un nuovo percorso per me… l’importante è che sia successo”
Giuseppe, 46 anni, massaggiatore 

Il gelo proprio, non succedeva nulla , quella mattina non sentivo niente. Non mi sembrava nemmeno di stare col mio compagno. Lo abbracciavo con la netta sensazione che non lo amavo, sentivo il cuore chiuso ed una spiacevole sensazione di lontananza, contavo i minuti per arrivare alla fine del rito. Pensavo agli impegni della giornata. L’esperienza raggiunta nella vita però non mi permetteva di subire e basta. Allora mi sono imposta di non pensare al tempo, ho accettato il tempo, non ho più guardato l’orologio, e sono rientrata ad ascoltare il freddo che provavo. Ho accettato che quel giorno era semplicemente così quell’abbraccio. Distante e freddo.
Alla fine ho guardato Gianni e gli ho detto: ‘amato mio, dobbiamo riprendere a divertirci insieme. Durante la giornata pensiamo cosa veramente vorremmo fare per divertirci e stasera ne parliamo’
Non so come mi siano uscite quelle parole. Ma era veramente quello di cui avevamo bisogno.
Anna, 56 anni, pensionata

Questo rito è facilmente praticabile in associazione ad un altro che si chiama ‘La lotta del corpo emotivo’.
Si tratta di prendersi le mani vicendevolmente, in posizione frontale secondo l’immagine che riporto qui  , tenere i piedi ben radicati a terra, con le gambe aperte e le ginocchia non rigide. Guardandosi negli occhi il più possibile.
Questo rito può essere molto utile sperimentarlo nel caso di litigi, di rancore accumulato, di quella rabbia che non trova pace nelle parole corrispondenti alla razionalizzazione del problema.
Mi collego con le emozioni forti che provo, la rabbia o il dolore e le sento nelle gambe fino a trasportarle nelle mani. Insieme al partner, senza parlare, metto l’emozione nella forza fisica e la lascio esprimere nel corpo, nella spinta reciproca delle mani e nei suoni. Gridiamo se necessario e spingiamo, dando ‘corpo e suono’ al rancore, al blocco, alla rabbia, al dolore, Può essere che questo sentire trovi una direzione nella forza fisica e nella pressione delle mani, e che una volta percorsa questa strada non abbia più necessità di opprimere corpo e cuore e di conseguenza riversarsi nella relazione con l’altro. Finita questa esperienza si prova ad unire il rito dell’abbraccio, prendendo tutto il tempo necessario, senza perdere l’ascolto e la connessione con l’esperienza, cioè sentendo passo per passo e attimo dopo attimo come entrare in abbraccio in maniera autentica per poter vivere l’esperienza come nasce nel qui e ora. Come anche le testimonianze spiegano abbastanza chiaramente.
Sperimentare spesso la ritualità della lotta e dell’abbraccio, può voler dire avvicinarsi al tabù, percepire il limite che esso pone alla relazione, alla sfera affettiva e al piacere erotico, scegliere consapevolmente di valicare il filo elettrico o meno. Può aiutare ad avvicinarsi alla sensazione che nasce nel cavalcare con presenza le energie e lasciarle scorrere fino ad ampliare quegli spazi interni dove il cuore si apre.