Published On: 26 Luglio 2013Categories: Gestalt Blog

di G. Paolo Quattrini

Il rapporto umano non puo’ mai essere un atteggiamento tecnico, cioe’ una somma di comportamenti funzionali articolati fra loro, e questo significa che ha sempre uno e piu’ contenitori mitopoietici che ne garantiscono il senso.
Nel caso della relazione d’aiuto, il primo e piu’ ovvio e’ l’archetipo materno, e da qui viene la modalita’ nota come maternage. Un altro archetipo e’ l’insegnante, talmente fondamentale nella storia dell’umanita’ che e’ comprensibile e adottabile in innumerevoli situazioni. Ugualmente significativo da tempi remoti e’ il sacerdote, e meno immediato ma indiscutibilmente radicato e’ quello del guaritore, del medico.
Agli albori dell’umanita’ tutte le culture presentano una fase dove tutti questi archetipi si trovano come base della stessa professione, che e’ quella dello sciamano, che e’ madre, insegnante, sacerdote e guaritore, oltre ad essere artista di vario genere, da musico a bardo.
In un mondo superspecializzato come quello moderno non ci si puo’ aspettare tanto eclettismo, e chi comincia la professione di operatore d’aiuto ha per caratteristiche personali uno di questi archetipi piu’ attivato degli altri.
L’archetipo materno e’ comunque de rigeur, non c’e’ modo di prescindere da un minimo di maternage nei confronti dei clienti in nessuna libera professione: se non si sentono accolti infatti questi semplicemente cambiano operatore. Altro e’ se la relazione e’ obbligata, come nei rapporti istituzionali: di fondo in realta’ la situazione non cambia, e’ solo che l’obbligatorieta’ da’ l’occasione a ulteriori dissesti oltre a quelli gia’ disponibili comunque. Un fatto importante e’ che il maternage non si impara: chi non ne e’ capace spontaneamente l’aiuto non e’ la sua strada.
Non e’ altrettanto percorribile il compito di insegnante: il ricordo dell’esperienza scolastica rende chiara a tutti la differenza fra chi sa insegnare e chi no. A differenza del maternage pero’, il mestiere di insegnante si impara, soprattutto sviluppando la coerenza logica del proprio pensiero: se un discorso rispetta la trasmissione del sostegno fra i concetti, diventa comprensibile per chiunque e soprattutto chi ascolta puo’ dire cosa non ha capito e farselo spiegare, a differenza di quello che succede di fronte a un parlare ingarbugliato che passa da una affermazione a un’altra senza ponti di raccordo. Questo per quanto riguarda la tecnica dell’insegnamento: il problema grosso pero’ riguarda quello che diceva Maria Montessori, cioe’ che i bambini imparano solo da chi amano: un insegnante di buona qualita’ e’ quello capace di farsi amare dai suoi alunni. Per farlo ovviamente bisogna che gli piaccia insegnare, in caso contrario dovrebbe essere un vero illusionista, che applica qui delle capacita’ meglio impiegabili altrove, cosa che difficilmente farebbe se non per estrema necessita’. Per farsi amare dai propri alunni ci vuole soprattutto la pazienza di sopportare che non capiscono, dato che questo e’ intrinseco alla condizione di discente: questa richiede una visione di insieme della persona che passa dallo stato di ignorante a quello di colto, dove l’essere ignorante non e’ una macchia narcisistica da scancellare, ma uno stato di beata innocenza da ricordare con piacere, e da cui si esce attraverso il piacere della rivelazione di nuove cose. Non tutti hanno avuto l’esperienza di conoscere come un piacere, e non per tutti l’insegnamento e’ percorribile naturalmente.
La relazione d’aiuto comporta trasformazioni dell’anima, che per quanto minime sono sempre casi di trascendenza, e il professionista della trascendenza e’ appunto il sacerdote: gli esseri umani affogano facilmente nella mancanza di orizzonti, e l’operatore d’aiuto si puo’ configurare come uno specialista di aprire orizzonti attraverso il trascendere i conflitti in cui la persona e’ impantanata. Chi opera in base a questo contenitore archetipico deve avere il piacere di accompagnare dal buio della visione limitata alla luce dell’apertura di orizzonti e, come l’insegnante, deve ricordare questo passaggio con un piacere che sempre si rinnova e mai viene sepolto dalla disperazione che le limitazioni umane comportano.
L’archetipo del guaritore ha molte componenti: guarire puo’ essere soccorrere con una conoscenza scientifica del mondo e dell’uomo, ma puo’ essere anche solo accompagnare il sofferente nella sua strada lasciandogli immaginare un soccorso che non puo’ venire, ma che la sola speranza di ricevere puo’ costituire in se’ cura. Esistono cure placebo, cure sintomatiche, cure palliative, sia nella medicina vera e propria che nella cura dell’anima, e l’operatore d’aiuto che interviene in base a questa configurazione mitopoietica deve essere capace di amministrarle tutte quante, sapendo cioe’ come assunto di base, che non e’ davvero in grado di curare nessuno, e che solo la natura sanat, la medicina al massimo iuvat. La virtu’ del guaritore e’ dunque la modestia, e la disponibilita’ a vuotare il mare con un cucchiaino, dato che guarire e’ un’esperienza di passaggio fra gli stati di infermita’ che si presentano continuamente nella vita. Imparare la modestia sembrerebbe facile, dato che l’esperienza la impone, ma continuare l’opera senza presumere e’ tutt’altro che facile, e per questo e’ necessario un contenitore mitologico che dia senso al soccorso dell’umanita’ sofferente, di cui non tanti dispongono.
Aiuta, nell’addestramento alla relazione d’aiuto, una consapevolezza della propria disponibilita’ di base che puo’ essere in questo modo sviluppata coscientemente, appoggiandosi su uno o l’altro di questi contenitori mitopoietici, o su piu’ d’uno quando e’ possibile, ma sapendo comunque che ci sono anche quelli che si sanno meno utilizzare.
L’uso del contenitore archetipico del guaritore in Italia e’ riservato legalmente a medici e psicoterapeuti, mentre gli altri sono parte integrante di tutte le altre professioni d’aiuto, da quella di genitore a quella di insegnante a quella di religioso, a quella dell’avvocato e a tutte quelle che supportano in un modo o nell’altro lo sviluppo del potenziale umano.